DIARIO DI UNO SCANDALO, di Richard Eyre, 2006

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In una scuola media di un quartiere degradato di Londra, arriva una nuova insegnante (Sheba, interpretata da Cate Blanchett). Giovane, carina, trova difficile mantenere la disciplina in una classe di ragazzini che sull’insegnante hanno molto da dire e da scherzare. In suo aiuto giunge una insegnante (Barbara, interpretata da Judi Dench) molto più avanti negli anni. Quest’ultima ha un aspetto arcigno, che si fa rispettare; ma si rivela anche molto scettica sulle possibilità di migliorare una popolazione studentesche che considera destinata solo a lavori manuali e comunque subordinati; in questo si trova agli antipodi di un preside che crede nel proprio lavoro, sia pure con tutte le difficoltà.

Ma l’anziana insegnante non è solo un’insegnante scettica; è anche una donna cinica, e soprattutto affetta da un profondo e torturante senso di solitudine. Il bisogno di una compagnia, e, nelle sue condizioni, di una compagnia femminile è irrefrenabile. È naturale pertanto che, risolto il problema della sua giovane collega, l’anziana insegnante le si avvicini con l’aria di voler fare amicizia.
Il film, che è la trasposizione cinematografica di un romanzo di Zoe Heller, Notes on a Scandal, ha la struttura di un diario tenuto proprio da Barbara. E mentre fra le due insegnanti sembra sorgere l’amicizia, la voce del diario ci avvisa che le vere intenzioni della vecchia sono di altro tipo: farsene un’amante succube, sulla quale sfogare il suo terribile senso di solitudine.

Ma le cose non vanno nel senso desiderato da Barbara. Ella infatti, casualmente, scopre che Sheba se la fa con un suo allievo, un ragazzino di 15 anni. La delusione è profonda, ma forse è possibile sfruttare ai propri fini la situazione. Barbara affronta Sheba, le rivela di sapere tutto, assume un atteggiamento di rigore, ma poi, gradualmente sembra accettare il pentimento della giovane collega e la perdona. Non rivelerà nulla alle autorità e quindi farà in modo che quella turpe relazione resti un segreto fra loro due. Sheba si impegnerà comunque a interromperla.

Il dado è tratto, e Sheba comincia il suo percorso destinato a portarla ad essere succube-amante della collega. Ma la passione ha le sue leggi, e Sheba è intensamente innamorata del ragazzo quindicenne, e non può resistere ai suoi rinnovati appelli. La relazione riprende e Sheba sembra riuscire ad allentare la pressione di Barbara. a Ciò conduce alla scena più drammatica del film: Sheba deve andare con il marito e una figlia ad assistere a una recita parrocchiale dell’altro figlio, affetto da morbo di Down. L’occasione per una madre è di estrema importanza, e mancarvi potrebbe compromettere le possibilità di aiutare il figlio. Barbara, proprio in quel momento, alla partenza, la ferma: ha estremo bisogno di lei (il veterinario le deve uccidere il gatto gravemente ammalato) e lei, come succube destinata, non può rifiutarsi di accompagnarla. Sheba non può e non vuole cedere alle insistenza della vecchia; cerca di farle capire, inutilmente, l’importante dovere materno; finalmente decide comunque di andare col figlio. La sconfitta di Barbara è totale.

Barbara allora, visto che Sheba non accetterà mai di diventare sua succube totale, si vendica lasciando cadere delle insinuazioni sulla collega all’interno della scuola.
Le vicende a questo punto precipitano. La tresca fra Sheba e il quindicenne diventa di dominio pubblico; l’ambiente, sia quello familiare che quello scolastico vengono sconvolti, e Sheba verrà imputata di corruzione di minore, processata e condannata. Barbara, sospettata di essere complice di Sheba, riuscirà, se non a conservare il posto alla scuola, ad evitare di essere condannata, e potrà così riprendere la sua (vana?) ricerca di una dolce, giovane e bella fanciulla per alleviare il suo terrificante senso di solitudine.

Il film è molto bello. La voce di Barbara che scrive il diario, è il filo conduttore di tutta la vicenda. Barbara, impersonata da Judi Dench, riesce veramente a trasmettere l’orrore di una personalità distorta, cinica, e a suo modo astuta, insensibile a qualsiasi esigenza che non sia l’alleviamento del suo senso di solitudine: interpretazione all’altezza delle più grandi attrici dello schermo.
Anche Cate Blanchet è protagonista di una interpretazione esemplare. Il suo viso dolce, ingenuo, sembra quasi fatto apposta per essere immolata come succube della violenza psicologica di Barbara. Forse, un viso così dolce, riesce difficile immaginarlo preda di una violenta passione di tipo esclusivamente sessuale per il giovane studente quindicenne.

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