NON TI MUOVERE, di Margaret Mazzantini

mazzantini.jpg

Di Margaret Mazzantini ho letto giudizi molto positivi in rete. E in particolare del romanzo Non ti muovere. Ho deciso di comprarlo. Giunto a casa mi sono accorto che lo avevo già comprato un paio d’anni fa!… Tanto per dire, la memoria! Pazienza! In compenso ho comprato anche il suo ultimo romanzo, Venuto al mondo.

Quest’ultimo lo leggerò. Ora ho finito di leggere Non ti muovere. E devo dire che l’ho trovato un bel romanzo. Nella figura del protagonista, un chirurgo ospedaliero, con la sua carriera alle spalle, ho riletto, sempre con tutte le differenze in merito a fatti, valori, tensioni e quant’altro, molte cose della mia vita che giacciono al sicuro nei miei ricordi.

Il libro inizia con un incidente stradale. Una ragazzina di 14 anni, Angela, in motorino, con l’inevitabile i-pod nelle orecchie, in una giornata piovosa e l’asfalto stradale sdrucciolevole, non rispetta lo stop. Una macchina cerca di evitarla, ma la manovra non riesce. La ragazzina, cade e batte la testa. Naturalmente il casco è slacciato, e il trauma ha conseguenze gravissime.

La solita trafila: ambulanza, pronto soccorso, TAC d’urgenza, etc. Si diagnostica una grave emorragia sotto durale, che deve essere operata d’urgenza.

Angela, al momento dell’incidente non aveva con sé alcun documento, e quindi non era stata identificata. Ma al pronto soccorso l’anestesista di turno, Alda, vede una forte somiglianza con il primario chirurgo di quello stesso ospedale, Timoteo. Effettivamente si tratta di sua figlia.

Il gravissimo trauma che ha colpito Angela, si trasforma e rivive come trauma di altro tipo anche in Timoteo, mentre, seduto come un parente qualsiasi fuori della camera operatoria, aspetta che il neurochirurgo faccia il suo lavoro e gli salvi la figlia, cosa che non solo non è certa, ma addirittura sembra assai poco probabile. Intanto si fa di tutto per avvertire la madre, Elsa, giornalista apprezzata, in viaggio per Londra per ragioni professionali

Timoteo dentro di sé comincia una lunga confessione alla figlia. La sua vita è infarcita di eventi drammatici, che hanno coinvolto se stesso e un’altra persona, hanno sfiorato la figlia; ma che in gran parte sono rimasti sepolti nella sua memoria.

E la confessione comincia con ciò che è accaduto sedici anni prima, quando Angela non solo non era nata, ma non era neppure in progetto.

In quell’estate, nella quale si soffocava dal caldo, Timoteo, a seguito di un guasto alla macchina avvenuto alla periferia della città, in un quartiere popolare e degradato, fa un incontro fortuito. Una donna sulla trentina, di aspetto insignificante, con un modo di fare scialbo, lo aiuta a trovare un meccanico, e, nell’attesa che la macchina riprenda a funzionare, lo ospita a casa sua per un caffè e la solita telefonata.

Timoteo ha un carattere sprezzante, un modo di fare antipatico, egoista, pronto a criticare tutto ciò che non è raffinato, che non ritiene all’altezza del suo gusto e della sua cultura. La casa della sua ospite è poco attraente, come del resto la persona che la abita: mobili vecchi, soprammobili banali, colori vetusti. Lo sguardo di Timoteo scorre su quella casa, sui vestiti di Italia (questo è il nome della donna), sulla sua stessa figura non nascondendo il disgusto. Il fatto cruciale è che, nell’attesa, tutti questi aspetti che da una parte lo disgustano, dall’altra provocano in lui un’eccitazione sessuale, che diventa tanto forte da non essere frenata e da indurlo a violentare la donna.

Da questo episodio, e dalla vergogna conseguente, dalla paura di essere denunciato, e dal ricordo dello squallore della casa e della donna, nasce un amore, di più, una passione violenta e infrenabile, che non solo coinvolge lui, ma coinvolge anche la donna, Italia. Ed è una passione tanto più strana, quanto sconvolge una natura che fino a quel momento si è rivelata estranea non dico all’amore, ma anche all’affetto, in particolare verso la figlia. Questo è il rovello che lo anima davanti alla camera operatoria e lo induce a una confessione, che è contemporaneamente una richiesta di perdono.

La Mazzantini ci accompagna nella nascita di questa passione con un passo molto accorto. All’inizio gli incontri con Italia sono da lui provocati in modo quasi casuale, con quel tipo di intenzione che si vuole contemporaneamente negare; dopo ogni incontro subentra il disprezzo, la vergogna, il proposito di troncare tutto per tornare alla vita borghese cui è abituato. Col procedere degli incontri Timoteo prende coscienza gradualmente che l’attrazione è qualche cosa di più di un semplice sfogo sessuale. A casa, nei momenti di solitudine, o nelle notti accanto alla moglie, l’immagine di Italia si fa spazio in modo sempre più prepotente, e i propositi di troncare la relazione si trasformano invece in veri e propri tentativi di convivenza: i rapporti non avvengono più solo nella casa di Italia, ma in alberghi, in viaggi, soprattutto quando Timoteo partecipa a congressi internazionali. La moglie non sembra sospettare  nulla.

A complicare le cose arriva la gravidanza di Italia, e poco dopo quella della moglie. La Mazzantini ci fa entrare in una situazione psicologicamente molto complicata, e lo fa tenendo l’attenzione del lettore desta e vigile. Da una parte un figlio legittimo (sarà poi Angela), che richiede la presenza del padre, e la consapevolezza di Timoteo della presenza di un essere per il quale le convenzioni in uso presso la sua classe sociale vorrebbero che egli esprimesse amore; dall’altra la stessa cosa ma illegittima, la proposta di aborto in una lussuosa clinica di fatto respinta da Italia, l’incertezza, l’amore per la donna che dovrebbe estendersi al loro figlio, e poi la nascita di una speranza di un futuro comune, poi l’abbandono, poi il ritrovamento, poi l’aborto, questa volta voluto da Italia in condizioni drammatiche.

Poi ancora il distacco che vorrebbe essere definitivo, ma definitivo non è. I due a distanza di alcuni mesi di lontananza, si ritrovano in una scena drammatica nella quale in una via deserta i due, le cui volontà vengono sopraffatte dal desiderio, fanno all’amore in modo frenetico, sotto una pioggia diluviale, staccati dal mondo, dai doveri, da tutto. Il rapporto fra i due riprende. Italia deve abbandonare la casa dove abita, è stata sfrattata, tornerà nella sua terra natale al sud. Timoteo, ormai, non può immaginare una vita senza di lei. Accompagnerà Italia alla destinazione con la propria macchina. Durante il viaggio nasce in lui, finalmente, la decisione di abbandonare famiglia e carriera, e di costruire quella che sente essere una vita vera accanto alla donna oggetto della sua passione. Ma il viaggio ha un epilogo tragico. L’aborto cui Italia si è sottoposta presso l’accampamento di zingari ha fatto infezione. Durante il viaggio le sue condizioni peggiorano rapidamente, e nonostante il pronto ricovero in un piccolo ospedale del sud, l’intervento chirurgico e altre terapie, Italia muore.

La confessione finisce, mentre il neurochirurgo esce dalla camera operatoria: Angela è viva.

Il libro è bello. Lo si legge con avidità. Forse in alcuni casi si diffonde in descrizioni che non aggiungono nulla alla drammaticità del tema, ma in complesso il linguaggio è decisamente emozionante. Il trasferimento dell’animo di Timoteo da una semplice voglia di trasgressione, che culmina nella violenza, a un amore passionale per una donna che è ben lontano dai suoi ideali di bellezza, è veramente avvincente. La figura di Timoteo è realisticamente antipatica; le sue indecisioni che stanno fra i doveri della vita borghese, affetti più formali che sentiti, l’egoismo in funzione di una carriera che lo porta al vertice, ma poi anche la sensazione della vacuità di questa vita a fronte dell’attrazione esercitata da una intensa, irrinunciabile passione amorosa, ci restituiscono un essere umano assolutamente credibile. Italia è una donna-ombra. La sua passione è silenziosa, emerge in qualche occasione con poche frasi, anche violente, ma per il resto sembra essere un fantasma che si realizza nella mente di Timoteo per condizionarlo in ogni momento, senza lasciargli tregua. Gli altri personaggi quasi scompaiono, soffocati dalle tragiche vicende della coppia. Alcuni episodi, come la scena dello stupro iniziale, cui fanno da innesco le banalità dell’arredamento della misera casa; o anche quello della scena d’amore in una viuzza del centro cittadino, sotto una pioggia torrenziale, epilogo di sofferenze e di distacco, sono magistrali. Altri, come la scena dell’intervento che Timoteo farà su Italia nel piccolo e male attrezzato ospedale di provincia, non solo è drammatica in sé, ma sotto un certo aspetto apre il parallelo fra la sofferenza di allora per una vita che sta andando, e la sofferenza dell’attesa per i risultati dell’intervento chirurgico e la vita di Angela.

Il parallelismo diverge, come se il sacrificio di Italia fosse il prezzo da pagare per il ricupero di Angela. La passione amorosa per la donna rievocata nella silenziosa confessione, dissepolta dalla memoria davanti al dramma della figlia, potrà essere la definitiva, anche se tardiva maturazione di Timoteo.

3 Commenti a “NON TI MUOVERE, di Margaret Mazzantini”

  1. luigi scrive:

    Margaret Mazzantini si discosta dalla consueta modalità di scrittura della maggioranza degli scrittori italiani: 10 pagine per rappresentare un episodio. La Mazzantini riesce con una seplice frase ad effettuare una descrizione minuziosa della mente dei personaggi. Scrive con l’inconscio, e i lettori lo sentono. Non ti muovere è un libro che descrive, descrive un possibile spaccato di mente umana. Nessun moralismo, niente giusto o sbagliato: solo descrizione. Non esiste un filo logico nel testo, e i lettori che lo cercano potrebbero non “sentire” il significato delle parole scritte. Un senso non c’e la.

  2. Rudy scrive:

    Grazie per il commento.
    Rudy

  3. Pamela scrive:

    Molto bello

Scrivi un commento