L’OCCASIONE FA IL LADRO alla Scala. Riflessioni.

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La stagione scaligera 2009-2010 termina, alla ripresa autunnale dopo la pausa estiva, con due opere comiche, L’occasione fa il ladro, e l’Elisir d’amore. Lunedì scorso ho assistito alla rappresentazione della farsa di Rossini. È stato uno spettacolo divertente che il pubblico ha accolto con entusiasmo. Il cast è costituito da giovani nell’ambito del progetto accademia: il maestro concertatore è Daniele Rustioni, che ha diretto un’orchestra formata tutta da giovani. Fra gli interpreti della rappresentazione cui ho assistito, Massimo Cavaletti interpretava Parmenione, Leonardo Cortellazzi il Conte Alberto, Pretty Yende  Berenice e Elvis Mula Ernestina.

La trama della farsa si basa su un piccolo e innocente imbroglio: lo scambio di una valigia (che è anche il sottotitolo dell’opera) porterà a un gioco di equivoci, ritualmente a lieto fine. Parmenione, impossessandosi della valigia del Conte Alberto al posto della propria, scopre il ritratto della sua promessa sposa (che il conte di persona non ha mai visto, e che è in viaggio appunto per incontrare e sposare), e decide di sostituirsi al legittimo pretendente, anticipandolo. A sua volta, la promessa sposa, Berenice, è preoccupata perché non conosce l’uomo che la dovrà sposare, e non è affatto sicura che egli saprà suscitare in lei un vero amore oppure che egli sia realmente di lei innamorato. Per rispondere a questi interrogativi, si camuffa da cameriera, affidando alla sua servente prediletta, Ernestina, il ruolo di sostituirla. Si svolge così una specie di commedia degli errori, nella quale i quattro protagonisti, scambiandosi i rispettivi ruoli, daranno luogo a comiche situazioni, finendo tuttavia per trovare i giusti rapporti e combinando alla fine un doppio matrimonio: il Conte Alberto con la sua promessa e Parmenione con Ernestina.

Questo tipo di drammaturgia si presta magnificamente a una struttura simmetrica, e sulla simmetria delle situazioni e dei rapporti l’opera si svolge. Dopo una fase introduttiva nella quale avviene lo scambio delle valige, attorno ad un quintetto centrale che fa da perno, si alternano gli incontri fra le coppie, dando luogo a duetti fra persone sbagliate che si credono di essere, o si fanno credere, quelle giuste ma non lo sono, e viceversa: Parmenione con Ernestina nelle vesti della marchesina, e il Conte Alberto con Berenice nelle vesti della cameriera, e successivamente, incontri incrociati fra le stessa persone con ulteriore sviluppo dell’equivoco. Conclusa questa fase centrale e chiaramente simmetrica dell’opera, la trama si sviluppa in modo che gli equivoci vengono successivamente chiariti, portando a una conclusione di lieto fine.

La musica è molto piacevole, leggera, ed è già ben riconoscibile lo stile rossiniano. Siamo nel 1812, e nell’opera si avvertono frasi musicali che verranno riprese e sviluppate  in opere posteriori più famose. La sinfonia, in due parti, ci introduce nel pieno di un temporale che è, indirettamente la causa dell’equivoco dello scambio delle valige. I brani cantati si susseguono con vivacità, mentre al centro, si può dire a metà giusta dell’opera, c’è il quintetto (“Dov’è questo sposo”). Non è difficile, ascoltando questo quintetto riandare con il ricordo ai più famosi brani d’assieme rossiniani: quello dell’Italiana in Algeri, per esempio, (“Va sossopra il mio cervello”), o quello del Barbiere di Siviglia (“Buona sera mio signore”) o della Cenerentola (“Questo è un nodo avviluppato”). Non è una novità se si pensa che proprio in questi brani d’assieme il genio di Rossini dà il meglio di sé. Altri frammenti musicali, sia nell’orchestra che nel canto, fanno sorgere nell’ascoltatore reminiscenze di altre opere rossiniane, nelle quali alcuni di questi frammenti verranno ripresi e sviluppati in modo magistrale.

Arie, duetti e terzetti offrono uno spettacolo stimolante, attraente, divertente: si può citare ad esempio un duetto di sapore dolce fra Alberto e Berenice (quando ancora nessuno dei due conosce l’identità dell’altro) “Se non m’inganna il core”, o lo scontro fra Parmenione e Beatrice “Voi la sposa” nel quale Parmenione crede Beatrice la serva e come tale la tratta, oppure l’ aria di coloratura di Berenice “Voi la sposa pretendete”, o ancora l’aria buffa di Martino che rivela la natura del suo padrone “Il mio padrone è un uomo”, che richiama arie simili nei grandi capolavori successivi, e così via.

 

L’esecuzione scaligera. Viene riproposta una vecchia messa in scena di Jean-Pierre Ponnelle che risale al 1987 al Rossini Opera Festival di Pesaro. Credo di poter dire che, nonostante il tempo trascorso, questa regia non è per nulla invecchiata: anzi è fresca, vivace, piena di spirito. La caratteristica che mi è sembrata più notevole è il rispetto, o meglio la valorizzazione delle simmetrie intrinseche alla struttura dell’opera. L’opera è ambientata nell’Ottocento, sia per quanto riguarda la scenografia che i costumi, rispettando in tal modo le didascalie del libretto. Gli ambienti scenici sono due: il primo, all’inizio dell’opera, una rustica taverna di campagna, è l’ambiente dove avviene lo scambio delle valige e che dà luogo agli equivoci che si svolgeranno nel secondo ambiente scenico, la casa della marchesina Beatrice. Questa seconda scena, che occupa i tre quarti dell’opera, risponde a una simmetria rigorosa sia nella costruzione del locale, sia nella distribuzione degli arredi scenici: finestre, tende, sedie, poltrone, etc. Ma quello che è interessante è che anche i personaggi che si muovono sulla scena rispondono a disposizioni simmetriche, sia negli ingressi (entrano da lati contrapposti), sia soprattutto nelle posizioni in piedi o seduti nei duetti (un personaggio a destra, l’altro a sinistra, frontalmente, con un terzo personaggio che fa da perno o da quinta centrale). Lo stesso già citato quintetto viene realizzato con i personaggi disposti secondo un ordine ben preciso che si conclude con gli interpreti seduti sul boccascena, secondo un’alternanza dei personaggi maschili e femminili, attorno al personaggio centrale, Don Eusebio, che è un po’ l’arbitro degli eventi. Il tutto è molto elegante e procede con un ritmo che rispecchia molto bene la simmetria dello svolgimento drammaturgico, offrendone una qualità oltre che sonora, anche visiva.

L’interpretazione ha dato corpo alla levità e alla freschezza della musica, sia nella parte orchestrale sia in quella cantata. Gli interpreti hanno dato vita e lustro agli eventi, in un modo che sta a cavallo fra il realismo e il farsesco, come appunto si conviene in un’opera di questo tipo. Il tutto ha offerto al pubblico un’atmosfera gioiosa, nella quale mi sembra di poter dire che sono emersi due personaggi: Massimo Cavalletti, nella parte di Parmenione, e Pretty Yende nella parte di Berenice, la quale, oltre alla vivacità dell’interpretazione ha saputo dare un’ottima prova di virtuosismo nell’aria di coloratura.

Gli applausi del pubblico, alla fine sono stati, credo meritatamente, convinti.

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