DISCORSO DI OBAMA AL CAIRO, 4 GIUGNO 2009

obama1.jpg

Con questo discorso Obama sembra aver fatto un cambiamento di 180 gradi nella politica USA nei confronti del mondo arabo-islamico. Da una politica di “scontro di civiltà” tipica della presidenza Bush, egli ora propone una politica di collaborazione, indirizzata allo sviluppo dei due mondi. Si tratta di scelte ambiziose, difficili, ma occorre constatare che le proposte che sottendono la nuova visione politica vengono da una voce autorevolissima, che sicuramente parla a ragion veduta.

In primo luogo il cambiamento di rotta riguarda il riconoscimento e la riaffermazione dei meriti storici dell’Islam nel contribuire al progresso dell’umanità. In secondo luogo riconosce con senso autocritico i lati negativi che storicamente hanno reso l’occidente odioso alla popolazioni orientali, e che hanno alimentato le diffidenze reciproche, in primo luogo il colonialismo.

Richiama la propria storia personale, come esempio di convivenza e collaborazione fra diversi, nella quale si trovano antenati musulmani e antenati cristiani. Fa riferimento ai sette milioni di musulmani americani, che hanno dato un grande contributo al progresso degli USA, sia combattendo nelle file del suo esercito nelle guerre che gli USA hanno combattuto contro la tirannia, sia dando importanti contributi di idee e di attività, in settori chiave come l’università, il commercio, etc.

Poi, per portare il dialogo su un piano concreto, pone in discussione una serie di sei punti caldi che ritiene sia necessario affrontare su un terreno comune. Affrontare assieme questi problemi significa lavorare per un mondo migliore rispetto a quello che ci dobbiamo lasciare alle spalle.

La prima questione è quella del terrorismo. Obama non usa mai questa parola: parla di estremismo violento, in questo modo evitando di collegare lslam come religione al fenomeno terrorista. In questo è già palese la virata di 180 gradi rispetto alla visione di Bush. Anzi è esplicito in questo senso, citando un versetto del Corano (libro sacro che viene più volte citato) con l’invito a rispettare la vita umana. Ma – dice Obama – l’estremismo violento si rende responsabile dell’assassinio di persone innocenti, come è avvenuto nell’attentato dell’11 settembre 2001, e come avviene molto spesso, anche in paesi a maggioranza musulmana, in attentati che hanno come obiettivi vittime civili di fede musulmana. Il governo USA, come ogni altro governo, ha il compito e l’obbligo di difendere i propri cittadini dai pericoli rappresentati dalla violenza. Per questo è stato costretto a intervenire militarmente in Afghanistan. Ma non vi è alcun proposito di mantenere in quel paese basi militari. Al contrario, vi è l’intenzione, resa concreta da opportuni stanziamenti in dollari, di aiutare la popolazione afghana ad uscire da una logica distruttiva. Analogo discorso per il Pakistan. Critico è stato invece il discorso sull’intervento militare americano in Iraq, che, dice Obama, ha sollevato perplessità nel mondo e anche negli stessi USA. L’obiettivo che Obana intende perseguire è quello di ritirare al più presto le truppe e di aiutare la popolazione con opportuni stanziamenti. L’Iraq, come stato indipendente, deve poter sfruttare le proprie ricchezze. Questo punto termina con l’invito agli stati a maggioranza musulmana a liberarsi dall’estremismo violento, avendo come punto di riferimento che la violenza non risolve nessuno dei problemi sul tappeto, e anzi li aggrava.

La seconda questione riguarda il conflitto israelo-palestinese. Obama ritiene che la soluzione del problema stia nella realizzazione di due stati: lo stato di Israele e lo stato dei Palestinesi. Rivendica in assoluto che Israele deve vivere in sicurezza, ma che deve impedire la formazione nei territori palestinesi di insediamenti di coloni che l’America considera illegittimi. Rivendica anche che i Palestinesi debbano avere il loro stato sovrano, e nel contempo chiede loro di abbandonare ogni prospettiva di violenza, che non avvicinerebbe neppure di un giorno, ma anzi allontanerebbe la possibilità della nascita del loro stato. E in particolare rivolge un invito ad Hamas affinché, abbandonando la violenza e riconoscendo il diritto di Israele ad esistere, svolga un ruolo positivo nella nascita e nella gestione di uno stato palestinese. Non vi sono dubbi che il discorso di Obama si presenta critico nei confronti dell’attuale governo israeliano, che mostra di non voler riconoscere la formazione di uno stato palestinese indipendente e parla solo di una forma di autonomia amministrativa. Da osservare tuttavia che nel discorso di Obama non viene toccato il problema dei profughi palestinesi, se non per considerare inaccettabili le condizioni di vita che i palestinesi devono subire nei campi.

La terza questione riguarda gli armamenti nucleari. Obama qui è molto chiaro, in riferimento alla decisione dell’Iran di dotarsi di una bomba atomica. L’incremento indiscriminato di armi nucleari rende sempre più elevato il rischio che qualcuno le possa usare provocando catastrofi inimmaginabili. Il problema quindi non è tanto quello di impedire in modo coattivo che altri stati si dotino degli armamenti nucleari, quanto piuttosto di ricuperare in pieno il senso degli accordi per il disarmo nucleare generalizzato. Sostanzialmente si tratta di un invito all’Iran di entrare attivamente nel consorzio degli stati che si impegnano per la abolizione di tutti gli arsenali militari nucleari. L’energia atomica deve essere limitata all’uso pacifico di produzione dell’energia.

La quarta questione riguarda la democrazia. La democrazia non è fatta di parole, ma deve essere esercitata da chi è stato eletto alla gestione del potere. Nessuna forza esterna può sostituirsi nelle scelte che un governo democraticamente eletto fa nel possesso dei propri poteri (è chiaro il rifiuto alla tendenza, prevalente nella politica americana del passato, della “esportazione” della democrazia). Ma occorre ricordare che la democrazia riguarda soprattutto il rispetto dei diritti delle minoranze, e delle libertà fondamentali, come il diritto di ogni uomo di pensarla diversamente da chi gestisce il potere, il diritto di scegliere come vivere (e qui appare chiaro il riferimento in negativo alla natura autoritaria e intollerante di molti governi di paesi a maggioranza islamica).

La quinta questione riguarda la libertà religiosa. Obama fa riferimento alla tradizionale tolleranza degli stati mussulmani alla coesistenza nel loro seno anche di altre religioni, come quella cristiana e quella ebraica. Ed esprime un dissenso nei riguardi di coloro che misurano l’intensità della propria fede con l’intensità del ripudio di fedeli di altre confessioni. L’accettazione nel proprio territorio di fedi differenti da quella della maggioranza deve esprimersi negli sforzi che i governi devono fare per rendere possibile l’esercizio della propria fede a chiunque, qualunque sia la sua religione, anche laddove situazioni oggettive sembrino contrastarlo. Gli USA per esempio, rendendosi conto che le loro leggi rendono difficile l’elargizione della zakat, hanno istituito una commissione m per vedere per quali vie è possibile rimuovere gli ostacoli. La fede, conclude Obama, è una grande sentimento che deve unire, non dividere.

La sesta questione è quella dei diritti della donne. Obama è consapevole che presso il mondo occidentale vi sono forti pregiudizi nei confronti dei popoli arabi su questo argomento. Afferma quindi con forza che la donna deve operare le proprie scelte, anche quelle di indossare il velo (vi è qui un’evidente critica a coloro che identificano il velo con la soggezione della donna). In paesi a maggioranza islamica vi sono donne che hanno assunto la responsabilità governativa, dimostrando in questo modo la falsità dei pregiudizi. Il vero problema dell’indipendenza femminile, sostiene Obama, è invece quello dell’istruzione, che nei paesi a maggioranza islamica spesso lascia ancora desiderare. D’altra parte il problema dell’indipendenza della donna ha ancora aspetti non risolti nei paesi occidentali. Quindi, ancora una volta, lo strumento col quale lavorare è la collaborazione, all’insegna della tolleranza e delle fiducia reciproca.

Nella conclusione del discorso, Obama si rende conto della difficoltà che insorgeranno nell’affrontare in modo positivo i problemi posti sul tavolo. È consapevole che vi saranno musulmani e non musulmani che soffieranno sul fuoco delle polemiche. Tuttavia, conclude il Presidente, «noi abbiamo il potere di costruire il mondo che vogliamo solo se avremo il coraggio di impostare un nuovo inizio, tenendo a mente le Scritture». E la citazione finale è per tre affermazioni contenute nel Corano, Nella Bibbia e nel Talmud.

Leggi il discorso integrale:

in inglese

nella traduzione italiana

Guarda il video 

Scrivi un commento